LA GLOBALIZZAZIONE: aspetti positivi e negativi, movimento "no global" e teoria della decrescita

LA GLOBALIZZAZINE PRO E CONTRO

La globalizzazione è un fenomeno che suscita dibattiti e prese di posizione spesso contrastanti. Da un lato, la realtà di un mondo più compatto, in cui le distanze sono accorciate e la mobilità di cose, persone e idee si facilita. Lo sviluppo delle tecnologie della comunicazione e l’accesso alle informazioni generano l'idea di una "comunità" mondiale.

Riguardo la globalizzazione economica; alcuni intravedono in essa una possibilità promettente, per l'impatto che potrebbe avere sulle zone più povere del mondo. Grazie alla delocalizzazione e in generale gli investimenti industriali nei paesi in via di sviluppo si può ridurre il gap che attualmente li separa gli Stati industrializzati e produrre così una più equa redistribuzione della ricchezza a livello mondiale. 

Accanto a questi dati esistono tuttavia altri elementi, che inducono a una meno ottimistica valutazione del fenomeno.

  • Innanzitutto, gli investimenti delle imprese nei paesi in via di sviluppo non sono distribuiti in modo uniforme, ma sono concentrati in precise regioni del mondo, come nel Sudest asiatico. 

  • In molti paesi, inoltre, le persone lavorano in cambio di salari bassissimi e senza alcuna tutela sindacale, fenomeno che porta spesso allo sfruttamento della manodopera minorile.

  • Aumento del divario tra ricchi e poveri: ancora oggi una ristretta percentuale della popolazione mondiale detiene la maggior parte della ricchezza del pianeta, e questa élite vive perlopiù in Occidente.

Anche all’interno dei singoli stati il divario tra ricchi e poveri sembra allargarsi sia nei paesi economicamente più sviluppati, dove si assiste alla graduale proletarizzazione del ceto medio, sia nei paesi in via di sviluppo, dove spesso le situazioni di crescita hanno incrementato i redditi di funzionari, imprenditori, tecnici, senza coinvolgere significativamente il resto della popolazione.

 

 

Infine un'altra fonte di preoccupazione sono gli squilibri ambientali derivanti da uno sfruttamento insostenibile dell'ecosistema. Problemi come il paventato esaurimento delle fonti fossili e delle risorse idriche, i mutamenti climatici, lo smaltimento dei rifiuti, l'inquinamento dell'aria e del suolo vengono infatti sempre più percepiti come la conseguenza dell'uso di tecnologie e pratiche devastanti, il cui impiego è però richiesto per incrementare la produttività e produrre conseguente ricchezza.

 


IL MOVIMENTO "NO GLOBAL"

 

In contrasto alle criticità della globalizzazione è nato il movimento “no global”. Nato nel 1999 a Seattle, in occasione del vertice del WRO (World Trade Organization) sul commercio mondiale, esso comprende una vasta rete di gruppi e associazioni, spesso molto diversi tra loro per
orientamento ideologico, modalità e obiettivi politici della loro azione, che si oppongono alla politica delle organizzazioni economiche mondiali e delle imprese transnazionali e propongono una globalizzazione alternativa, a beneficio dei paesi in via di sviluppo e dei settori più deboli della popolazione mondiale.

 

Alcuni sociologi ritengono più corretta la denominazione "new global", in quanto i  protagonisti del movimento sostengono che la loro protesta non è contro la globalizzazione, ma per una globalizzazione diversa, solidale, rispettosa dell'ambiente, che si ponga dalla parte dei paesi in via di sviluppo e delle culture che rischiano di scomparire in seguito alla diffusione del modello di vita occidentale.

 

Il movimento no global, che ha una struttura transnazionale aperta a rete, apprezza le infrastrutture e le tecnologie odierne, di cui si serve ampiamente; ad esempio Internet, che è considerata un mezzo di comunicazione democratico, capace di veicolare e diffondere ovunque informazioni corrette. 

Le critiche sono rivolte alle strutture economiche e politiche del mondo contemporaneo, accusate di imporre una politica che arricchisce i già ricchi e mantiene in una condizione di povertà i più poveri.

 

 

LA TEORIA DELLA DECRESCITA

La teoria della decrescita venne sviluppata da Serge Latouche. Un filosofo economista
francese del Ventesimo secolo. Latouche critica il fatto che
il concetto di sviluppo su cui si fonda la società industriale contemporanea sia determinato dall’importanza del PIL. Il quale indica la quantità di beni e servizi prodotti in un certo Stato in funzione dei consumi dei cittadini. 

Secondo i teorici della decrescita, il modello di sviluppo che ha il solo fine dell’aumento della produttività non compromette soltanto la qualità della vita, ma espone anche il pianeta allo sfruttamento insostenibile delle risorse, che non permette la loro rigenerazione e non permette una distribuzione equilibrata di esse tra le persone. 

 


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