IL LAVORO: Il "libro bianco" di Biagi e la legge 30/2003

 IL LIBRO BIANCO DI BIAGI


Con la pubblicazione del
libro bianco sul mercato del lavoro in Italia, che esponeva i risultati della ricerca commissionata dall’allora ministro del lavoro e delle politiche sociali, Roberto Maroni, a un
gruppo di esperti diretto da un noto studioso del diritto del lavoro, il professor Marco Biagi, si è acceso il
dibattito sulla flessibilità in Italia.

All’inizio del nuovo millennio il tasso di occupazione italiano risultava il più basso tra quello dei paesi aderenti all’unione europea, inferiore di 10 punti rispetto alla media europea e ben lontano dall’obiettivo del 70% gli occupati entro il 2010 fissato dall’Unione. La situazione non era quindi per niente confortante.

Il tasso confermava inoltre il carattere persistente di ben noti squilibri economici tra nord e sud che affliggono la nostra nazione: la sua distanza rispetto al tasso di occupazione europeo infatti virgola e da imputare in massima parte alle regioni del Sud, che sono inferiori alla media europea di più di 20 punti percentuali. Per esaminare nel dettaglio i problemi del lavoro in Italia l’indagine procedeva poi scomponendoli secondo criteri anagrafici, di età e di genere.

Il Libro bianco evidenziava un tasso di disoccupazione giovanile tra i più elevati dell’unione europea. Accanto alla disoccupazione giovanile, la ricerca metteva in luce un dato apparentemente contrastante: un tasso di occupazione inferiore alla media europea anche per quel che riguardava la fascia dei lavoratori anziani, tra i 55 e i 64 anni di età. Quest’ultimo dato, se in parte può dipendere dal più ampio problema della disoccupazione che affligge il mercato del lavoro italiano, probabilmente affonda le sue radici altrove, e cioè nel particolare regime previdenziale vigente il nostro paese, per il quale il diritto alla pensione è stato a lungo legato più all'anzianità di servizio che è quella anagrafica.

Per quel che riguarda il fattore del genere, l’indagine evidenzia il permanere della distanza tra il tasso di occupazione femminile europeo e quello nazionale, seppure con forti differenziazioni su base regionale. I tassi di disoccupazione risultavano confortanti per il centro nord, meno preoccupanti per le regioni del Sud punto tre fattori che rallentano l’accesso al mondo del lavoro da parte delle donne italiane certamente da segnalare la diffusa carenza di strutture pubbliche quali gli asili nido e le scuole d’infanzia punto più in generale poi, la tendenza a far ricadere sulla componente femminile della popolazione i compiti di cura all’interno della famiglia.


LEGGE 30/2003

Le sollecitazioni provenienti dal Libro bianco hanno trovato una concreta attuazione con la legge 30 del 14 Febbraio 2003, conosciuta comunemente come legge Biagi. Il decreto legge del 2003 tenta di dare attuazione al progetto di flessibilizzazione del mercato auspicata dal Libro bianco e lo fa principalmente tramite l’introduzione di nuove tipologie di contratti di lavoro.

Prima di tale data, la legislazione del nostro paese prevedeva un numero limitato di forme di lavoro subordinato, distinte in base alla durata del contratto o all’orario di lavoro settimanale.

Secondo il primo criterio si distingueva tra lavoro a tempo indeterminato e lavoro a tempo
determinato. Relativamente all’ orario di lavoro settimanale si distinguevano il lavoro a tempo pieno, intorno alle 40 ore settimanali distribuite su 5 giorni, e il lavoro a tempo parziale anche chiamato lavoro part-time.

Le nuove disposizioni legislative hanno introdotto nuove forme di occupazione: ad esempio, il rapporto di lavoro intermittente anche chiamato lavoro a chiamata. E stato anche introdotto successivamente il lavoro accessorio, che consiste in prestazioni occasionali svolte da soggetti non ancora entrati nel mercato di lavoro o a rischio di esclusione sociale. Viene introdotto poi anche il lavoro ripartito, chiamato anche job sharing, regolato da un tipo di contratto con il quale due lavoratori si impegnano ad adempiere congiuntamente alla stessa obbligazione lavorativa.

Con le nuove disposizioni legislative viene anche  disciplinato il settore della mediazione tra offerta e domanda di lavoro, un compito che spettava allo stato. La necessità di adeguarsi alle normative europee in materia aveva già fatto sorgere le cosiddette “agenzie interinali”; a partire dal 2003 vengono introdotte anche le “agenzie per il lavoro”.

Il lavoro somministrato prevede di fatto due contratti: uno tra l’agenzia il prestatore d’opera, l’altro tra l’agenzia e l’impresa in cui il prestatore d’opera andrà concretamente a lavorare per un periodo di tempo determinato.

Un’ultima tipologia di lavoro introdotta nel 2003 e il lavoro a progetto, di fatto divenuto una delle forme tipiche con cui i giovani accedono oggi al mercato del lavoro.

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