La partecipazione


 LA PARTECIPAZIONE POLITICA


LE DIVERSE FORME DI PARTECIPAZIONE POLITICA

La partecipazione politica include tutte le azioni che i cittadini intraprendono liberamente allo scopo di produrre cambiamenti nella vita della collettività.

Il fenomeno della partecipazione politica è molto antico: risale alla democrazia ateniese, nella quale i cittadini liberi partecipavano direttamente alle decisioni de
lla vita della pólis (democrazia diretta). 

Nelle democrazie attuali la partecipazione non può più essere diretta, perché lo Stato moderno ha un'estensione territoriale maggiore rispetto alle città greche: pertanto il popolo, esercita la sua sovranità attraverso i suoi rappresentanti liberamente eletti.


La forma per eccellenza di partecipazione politica è quella delle consultazioni elettorali.

Oltre al voto, negli Stati democratici ci sono altre modalità per partecipare alla vita politica che variano a seconda dell'impegno che richiedono alle persone:

  • tenersi informati sulle attività del governo, del parlamento, dei partiti politici e dei leader leggendo giornali e libri, seguendo trasmissioni radiofoniche e televisive oppure navigando nei siti Internet dedicati all'argomento;

  • iscrizione ad associazioni che organizzano corsi di formazione politica;

  • militanza di partito: l'attività volontaria di chi condivide il programma di un certo partito e si impegna assiduamente per farlo conoscere, al fine di conquistare nuovi elettori;

  • la protesta, cortei, assemblee, scioperi, occupazioni di case e di scuole possono creare disagi, ma sono al tempo stesso un sintomo di democraticità, perché la democrazia è anche libertà di contestazione;

  • la partecipazione professionale a tempo pieno dei funzionari di partito oppure di chi svolge un ruolo istituzionale come quello di sindaco, consigliere regionale, parlamentare o ministro.


LE CONSULTAZIONI ELETTORALI

Le consultazioni elettorali (elezioni) sono la forma per eccellenza della partecipazione politica. Attraverso di esse vengono infatti selezionati i rappresentanti del popolo negli organi di governo centrali e periferici: sono quindi il principale strumento della volontà popolare e la loro frequenza e regolarità è un importante indicatore di libertà e democraticità.


Nei regimi autoritari o totalitari la partecipazione non esiste, perché in queste forme di organizzazione politica non è pensabile un apporto critico. In questi casi si hanno un pensiero unico, un partito unico e una stampa pilotata, e le consultazioni popolari (che pure possono essere indette) perdono ogni significato.

Nel caso, invece, di governi autenticamente democratici, la loro effettiva democraticità si

rivela soprattutto durante le campagne elettorali, nelle quali il popolo sovrano, per esercitare consapevolmente il diritto di voto, deve poter contare su una pluralità di fonti di informazione libere e corrette, che diano a tutti i candidati la possibilità di esprimersi e di farsi conoscere, senza distinzioni.



IL COMPORTAMENTO ELETTORALE

Tema di grande interesse, inscindibilmente legato a quello della partecipazione politica, è il comportamento elettorale, studiato e analizzato sia dalla sociologia sia dalla scienza politica, che cercano di capire quali siano le motivazioni che spingono i cittadini a dare la loro fiducia a un partito o a un candidato piuttosto che a un altro.

In caso di consultazioni elettorali, i cittadini hanno diverse possibilità: non andare a votare (astensione), mettere nell'urna una scheda bianca oppure dare un voto


L’astensionismo

Secondo alcune analisi, l'astensionismo sarebbe il sintomo di una socializzazione politica non riuscita, come dimostrerebbe la maggiore diffusione del fenomeno tra gruppi sociali ammessi da poco al voto (ad esempio, tra gli immigrati); secondo altri studiosi, invece, sarebbe un comportamento dovuto alle caratteristiche del sistema politico che non invogliano i cittadini a esprimere la loro preferenza. Nel nostro paese, in cui la partecipazione alle elezioni amministrative e politiche è sempre stata alta, si nota una flessione evidente a partire dagli anni Novanta del secolo scorso, imputabile secondo alcuni alla sfiducia sempre più diffusa da un lato verso gli uomini di governo e dall'altro verso l'effettiva possibilità di migliorare, attraverso l'azione politica, le condizioni di vita di tutti. 

Secondo gli studiosi di scienza politica, il cittadino che va a votare dà la propria preferenza a un partito piuttosto che a un altro per uno dei seguenti motivi:

  • voto di appartenenza: perché si riconosce nell'universo ideologico o nella categoria sociale di cui il partito prescelto è espressione;

  • voto di scambio: perché, in cambio del voto, un candidato gli ha promesso di occuparsi di un suo problema o di fargli ottenere qualcosa a cui egli aspira (ad esempio, un posto di lavoro o il permesso per costruire una casa):

  • voto di opinione: perché si è informato sui programmi dei partiti e ha deciso di votare quello che gli è parso più convincente.


Nell'Italia degli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso, gli operai che votavano il Partito Comunista e i cattolici che votavano la Democrazia Cristiana esprimevano perlopiù un voto di appartenenza, sulla base di ragionamenti come questi: "Sono operaio e quindi voto per il partito la cui ideologia difende la classe operaia", "Sono cattolico e quindi voto per il partito che ha a cuore i valori cattolici".

La diffusione nel nostro paese del voto di scambio, soprattutto nella sua forma meno nobile, che si verifica quando il candidato promette all'elettore un favore ai limiti della legalità o decisamente illecito (ad esempio, una licenza edilizia abusiva, o la vittoria in una gara d'appalto truccata), è venuta a galla negli anni di Tangentopoli, cioè a partire dal febbraio 1992, quando l'inchiesta della magistratura denominata "Mani Pulite" rivelò un complesso intreccio di corruzione, concussione e finanziamento illecito dei partiti, sintomo di una tendenza generalizzata alla commistione illegale tra politica e affari.

Il voto di opinione, che in Italia sembra essere quello meno diffuso, è il più consono a una democrazia compiuta e ben funzionante. Esso presuppone però un cittadino informato e consapevole, in grado di compiere le proprie scelte sulla base di un'effettiva conoscenza delle idee e dei programmi dei diversi schieramenti politici.


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