LA GLOBALIZZAZIONE: La globalizzazione economica, le multinazionali, la delocalizzazione e il mercato finanziario

 LA GLOBALIZZAZIONE ECONOMICA

LE MULTINAZIONALI


L'idea di un'economia mondiale è in qualche modo intrinseca al capitalismo industriale, che necessita, per sua natura, di un mercato sempre più ampio per lo smercio dei
prodotti. Per questa ragione, già nei secoli XIX e XX si era assistito a un progressivo processo di liberalizzazione degli scambi tra i paesi industrializzati, tramite l'abbattimento delle barriere protezionistiche dei singoli Stati e la successiva creazione di vaste aree per la libera circolazione di merci e capitali (pensiamo al Mercato Comune Europeo, precursore dell'uE, operativo dal 1957 al 1969).


Attraverso la liberalizzazione degli scambi tra i paesi industrializzati, tramite l'abbattimento delle barriere protezionistiche dei singoli Stati  e la creazione di vaste aree per la libera circolazione di merci e capitali  (Mercato Comune Europeo) nasce il concetto di "globalizzazione commerciale",  ovvero un'espansione a livello mondiale della distribuzione dei prodotti. 

Negli ultimi decenni si parla anche di "globalizzazione produttiva", ossia la tendenza, da parte delle imprese a "frammentare" la propria presenza in diverse aree del mondo.

 

Protagoniste di questa tendenza sono le multinazionali, o transnazionali, ossia quelle imprese che possiedono o controllano attività di produzione di beni o servizi in vari paesi del mondo

Le prime multinazionali sono comparse nella prima metà del Novecento: per esempio General Motors, l'azienda automobilistica fondata a Detroit nel 1908. 

Le società multinazionali operano in tutti i settori dell'economia mondiale, dalle attività estrattive (petrolio) ai vari rami dell'industria (automobilistica, alimentare, ecc.), ai servizi (catene di distribuzione commerciale, telefonia). Alcune di esse non si specializzano in un ambito particolare, ma controllano diversi settori del mercato presentando i loro prodotti con marchi diversi a seconda delle categorie di merce interessate. 

 

 

 

LA DELOCALIZZAZIONE

 Un fenomeno caratteristico dell'economia globalizzata è la delocalizzazione, con la quale si indica la tendenza, da parte di molte imprese occidentali, a trasferire determinati segmenti della loro attività produttiva in paesi diversi da quello di origine, nei quali esistono condizioni economicamente più vantaggiose che consentono di ricavare maggiori profitti. Attualmente, le aree in cui preferenzialmente si indirizzano i processi di delocalizzazione sono i paesi in via di sviluppo (in particolare Asia e Africa) e gli Stati dell'Europa orientale.



Come è stato osservato, la delocalizzazione della produzione modifica la tradizionale divisione internazionale del lavoro, che la civiltà occidentale industrializzata aveva imposto al resto del mondo durante l'età coloniale: non più Stati che producono beni e altri che forniscono le materie prime, ma una rete trasversale di sistemi produttivi, in cui le diverse attività sono collocabili teoricamente ovunque, purché l'operazione sia conveniente.

 

Sulla base di questo principio, la delocalizzazione può avere effetti benefici, in quanto, abbattendo i costi di produzione, permette all'impresa di contenere i prezzi di vendita ed essere perciò più competitiva sul mercato. Inoltre, essa crea opportunità di lavoro nel paese di
destinazione, favorendo quindi anche il miglioramento delle infrastrutture locali (trasporti, comunicazioni, servizi) e contribuendo così potenzialmente al suo sviluppo economico.

 

Ma la delocalizzazione porta con sé anche effetti negativi che non bisogna sottovalutare. In primo luogo, il trasferimento d'interi settori produttivi incide negativamente sulle prospettive occupazionali del paese di origine, sottraendo posti di lavoro e danneggiando anche il cosiddetto “indotto” cioè il complesso di attività economiche che un'impresa contribuisce a creare intorno a sé (industrie più piccole di supporto, ma anche attività di servizi come i trasporti ecc.). 

In secondo luogo, nei paesi dove l'attività è delocalizzata, la debolezza dei lavoratori (privi di forza contrattuale e senza tutele rispetto ai diritti) li porta ad accettare condizioni di lavoro estreme o vere e proprie situazioni di sfruttamento, che colpiscono soprattutto le fasce più deboli (donne e bambini). Infine, la manodopera a basso costo costituisce per l'impresa uno strumento di potere anche nei paesi di origine: la minaccia della delocalizzazione può spingere i lavoratori, anche in Occidente, ad accettare condizioni contrattuali altrimenti ritenute inaccettabili.

 


IL MERCATO FINANZIARIO

Il mercato finanziario è caratterizzato dalla circolazione di capitali investiti nella compravendita di valori mobiliari (azioni e obbligazioni) e delle valute. I luoghi delle transazioni sono le borse valori presenti in tutto il mondo e collegate tra di loro funzionano come un mercato unico.


All’interno del mercato finanziario sono presenti grandi quantità di capitali e le operazioni che vengono svolte al suo interno sono molto rapide. 

Un meccanismo tipico del mercato finanziario è la speculazione, ovvero la presenza di trattative di acquisto e vendita condotte al solo scopo di far oscillare il valore dei titoli oggetto di negoziazione e di ricavare da questo un possibile utile. Ciò assicura al mercato finanziario una grande circolazione di denaro, ma conferisce ai titoli stessi un valore del tutto fittizio, a cui può non corrispondere nessuna effettiva realtà.

Una forma estrema di speculazione è la compravendita allo scoperto: lo speculatore compra azioni in gran quantità prevedendo però di pagarne l'acquisto (totalmente o in parte) quando le avrà rivendute a un prezzo più vantaggioso.

Il carattere aleatorio di queste operazioni espone il mercato finanziario a costanti rischi di crollo, capaci di avere effetti devastanti su scala mondiale. L'esempio più recente è stata la grave crisi finanziaria del 2008: a crollare, in quell'occasione, furono le azioni collegate a mutui e prestiti che molte persone avevano contratto con le banche (garantendo così futuri afflussi di denaro), ma che poi non erano state in grado di onorare.


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