IL LAVORO: Il dibattito sollevato dalla flessibilizzazione del lavoro

LA FLESSIBILIZZAZIONE DEL LAVORO

Buona parte dell’opinione pubblica e convinta che la parola flessibile rappresenti non solo un rischio, ma anche un’opportunità,  in grado di stimolare i lavoratori a cogliere le occasioni più lucrose offerte dal mercato. A conforto di questa valutazione sembrano parlare anche i numeri: le statistiche diffuse dall’Istat relative agli anni successivi alle nuove disposizioni legislative, attestano una diminuzione del tasso di disoccupazione più o meno su tutto il territorio nazionale. L’ottimismo trova un alleato in molti commentatori e operatori economici, che i valutano positivamente il processo di flessibilizzazione del mercato e ne sollecitano addirittura il potenziamento.

Tuttavia vi sono anche voci di dissenso che contestano in primo luogo la possibilità di una lettura ottimistica del rapporto tra nuovi contratti di lavoro e crescita dell’occupazione. Se anziché assumere un lavoratore a tempo indeterminato, un’azienda assume due riprendente per sei mesi, uno a Marzo e l’altra settembre, non si può dire che sia realmente aumentata l’occupazione, è stata semplicemente diluita. Una seconda questione è il fatto che la breve durata del contratto limiti il consolidamento delle conoscenze delle competenze professionali acquisite dal prestatore d’opera.

La perplessità maggiore riguarda le gravi conseguenze della flessibilità sulla vita dei lavoratori punto la trasformazione delle forme di reclutamento significa per molti un’impossibilità di disporre di garanzie salariali nel lungo periodo, non potendo quindi programmare per il futuro.

Uno dei maggiori esperti in materia delle trasformazioni del mercato del lavoro italiano, il sociologo torinese Luciano Gallino, a questo proposito sostiene che la richiesta di mercato del lavoro più flessibile, lungi dal configurarsi come un meccanismo virtuoso che lubrifica il sistema produttivo, e piuttosto da intendersi come una conseguenza della globalizzazione economica in particolare della concorrenza creatasi tra i lavoratori occidentali e quelli dei paesi in via di sviluppo punto la debolezza di questi ultimi in termini salariali e dei diritti garantirebbe cioè alle imprese disponibili in mano l’opera a basso costo, e omologherebbe verso il basso anche le condizioni dei lavoratori occidentali, mettendone in qualche modo in discussione i diritti già acquisiti.


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