LA MULTICULTURALITÀ: Il Novecento e "Nero è bello"

 LA MULTICULTURALITÀ: 

Il Novecento e "Nero è bello"

IL NOVECENTO: RELATIVISMO E MOVIMENTI SOCIALI

Nel Novecento nuove acquisizioni hanno conferito all’idea di “diversità” una forza sempre maggiore:

  • la consapevolezza dell’impossibilità di poter raggiungere una prospettiva unificante della realtà ha suggerito che la pluralità delle interpretazioni e dei linguaggi a cui la filosofia e la scienza si affidano è una caratteristica ineludibile di ogni rapporto dell’essere umano con il mondo;

  • lo sviluppo delle scienze sociali ha reso coscienti di come la stessa realtà quotidiana sia il prodotto di costruzioni e pratiche simboliche che variano sensibilmente a seconda del contesto socio-culturale. 

Anche i movimenti sociali hanno rafforzato la diversità, in quanto lottando per ottenere visibilità hanno avvertito la necessità di ribadire la propria distanza dalle norme e dai modelli socialmente vigenti.  


“NERO è BELLO”: IL CASO DEGLI AFROAMERICANI


Un esempio significativo della positività della differenza è la moderna percezione della multiculturalità e ci è dato dall’evoluzione del movimento dei neri americani, nalla lotta contro la discriminazione sociale delle persone di colore. 

L’obiettivo del movimento era la conquista dei diritti civili, ovvero la rimozione dei vincoli che ponevano i neri in una posizione sfavorevole rispetto ai bianchi.  Il principio di base era, quindi, quella dell’ideale dell’uguaglianza, come nel discorso I have a dream di Martin Luther King, in cui il leader afroamericano auspicava un mondo nel quale gli Stati Uniti d’America riconoscessero la naturale uguaglianza di tutte le persone, come previsto dagli ideali di libertà e democrazia che prevedevano nella loro Carta fondamentale.

Kwame Brathwaite,“Grandassa
Model on car during Marcus Garvey
Day celebration, Harlem” (ca. 1968).
Parallelamente maturò la necessità di combattere la discriminazione e il pregiudizio con strumenti ideologici alternativi a quelli socialmente dominanti e di recuperare una propria identità etnica e culturale, sul piano linguistico come su quello delle tradizioni, delle usanze, delle pratiche sociali. Un altro storico leader afroamericano Malcolm X racconta dei disperati sforzi da lui compiuti da ragazzino per rendere i propri capelli simili a quelli dei coetanei bianchi. Da adulto Malcolm X respinge con sdegno la pretesa di “assimilarsi” ai bianchi a tal punto da rifiutare persino il proprio aspetto fisico. 

L'atteggiamento del giovane Malcolm X rifletteva un atteggiamento che rimase a lungo diffuso all'interno della popolazione afroamericana. Prendere congedo da questi atteggiamenti e affermare con orgoglio la propria specificità fu dunque parte integrante della richiesta di riconoscimento sociale avanzata dai neri americani: Black is beautiful; slogan coniato dall’abolizionista ottocentesco John Swett Rock che divenne la denominazione programmatica del loro movimento. 




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