IL LAVORO: La disoccupazione

LA DISOCCUPAZIONE 

 Per disoccupazione si intende la condizione degli individui che, pur essendo idonei a svolgere attività lavorativa e desiderosi di lavorare virgola non trovano un’occupazione.

La parola disoccupazione, originariamente disegnava semplicemente colui che non lavorava, indipendentemente al fatto che cercasse o meno un’occupazione. Le oscillazioni di significato sono dovute principalmente a due fattori: il primo, e che la disoccupazione come problema sociale è un fenomeno moderno, sconosciuto nelle società preindustriali; Il secondo è che il fenomeno ha subito diverse interpretazioni differenti tra loro.

Gli economisti distingue inoltre diversi tipi di disoccupazione:

  • Disoccupazione frizionale: scarto mai totalmente eliminabile tra numero degli occupati e i popolazione attiva dovuto al fatto che anche in fase di crescita economica, c’è sempre qualcuno che è la ricerca di un lavoro
  • Disoccupazione strutturale: mancanza di occupazione e conseguente allo squilibrio tra domanda e offerta di lavoro
  • Disoccupazione stagionale: mancanza di occupazione conseguente al calo di produzione che inevitabilmente si verifica in certi periodi dell’anno
  • Disoccupazione ciclica: disoccupazioni che compare nei periodi di crisi economica, quando il calo della domanda di beni e servizi fa diminuire la produzione, provocando ripercussioni negative sull’occupazione.


INTERPRETAZIONI DELLA DISOCCUPAZIONE

COLPA INDIVIDUALE

Per molto tempo la fiducia nelle regole del mercato libero ha condizionato l’approccio al mondo del lavoro e ai suoi problemi, influenzando in modo rilevante anche l’opinione pubblica in materia.

L’idea che domanda offerta di lavoro si armonizzino spontaneamente grazie alle oscillazioni del costo del lavoro porta infatti escludere, in linea di principio, la possibilità che esiste la forza lavoro non occupata, se non per breve tempo e per ragioni contingenti. Questa concezione ha contribuito, nella sua versione più grossolana a diffondere nell’opinione pubblica un vero e proprio pregiudizio, secondo il quale chi non trova un impiego è responsabile della propria condizione, perché è pigro o eccessivamente pretenzioso.

Rispetto a questa posizione non sono ovviamente mancate le voci dissenso. David Riccardo fin
dall’opera sui principi dell’economia e delle tasse (1817) riconosce che l’introduzione di nuovi macchinari può essere dannosa per i lavoratori, perché provoca
un surplus di manodopera. Marx nel capitale parla di collegamento strutturale tra il fenomeno della disoccupazione e le dinamiche tipiche dell’economia capitalistica, individuando ne i disoccupati un esercito di riserva, funzionale all’espansione produttiva. Tuttavia, malgrado tali critiche, le impostazioni individualistica che attribuisce alla singola persona la responsabilità del suo mancato impiego è stata a lungo dominante.


O PROBLEMA SOCIALE?

Solo in tempi più recenti si è diffusa la percezione della disoccupazione come autentico problema sociale e, non liquidabile nei termini di una semplice scelta individuale punto si deve alle società contemporanee la scoperta della disoccupazione, se non addirittura la sua invenzione punto

Storicamente, è stata cosiddetta grande depressione successiva al crollo di Wall Street nel 1929 a infliggere un duro colpo ai sostenitori della teoria della disoccupazione volontaria. E con i primi interventi di Roosevelt che vi è una pubblica ammissione della tesi secondo cui il mercato non è sempre in grado di invertire da sé la propria rotta.

La radice sostanziale della disoccupazione è da ricercare secondo Keynes al di fuori del mercato del lavoro, ossia dalle semplici relazioni tra domande offerte della merce lavoro punto e si è legata piuttosto a quella che chiama domanda aggregata, ossia la richiesta di beni e servizi formulata in un dato periodo di tempo dal sistema economico nel suo complesso. Quando questo è debole, perché bassa la percentuale di reddito che le persone decidono di dedicare i consumi investimenti, il volume complessivo dell’occupazione diminuisce.

Secondo Keynes per incrementare la domanda aggregata è necessario l’intervento dello Stato, che aumentando la spesa pubblica favorisce la ripresa dell’occupazione. La teoria di Keynes affonda le sue radici nel modello di welfare state virgola e inaugura un processo di responsabilizzazione del potere politico rispetto alle dinamiche del mercato del lavoro punto tale processo assunto diverse forme: nel ventesimo secolo la gamma degli interventi pubblici contro la disoccupazione sia andata ampliando, passando dall’assunzione diretta di nuovo personale alle dipendenze dello Stato per l’espletamento dei principali servizi pubblici all’erogazione di sussidi in favore dei lavoratori contemporaneamente disoccupati, sussidi di disoccupazione, alle forme di integrazione del reddito per i lavoratori temporaneamente sospesi dall’attività produttiva, cassa integrazione guadagni.


Commenti

Post popolari in questo blog

IL LAVORO: Il "libro bianco" di Biagi e la legge 30/2003

LA MULTICULTURALITÀ: Il Novecento e "Nero è bello"

IL LAVORO: Il lavoro flessibile